Metà dei pazienti con lesioni al midollo spinale potrebbe ancora avere qualche connessione attiva, dice uno studio clinico condotto in Australia.
La sensazione che a James Stanley manca di più è sentire la sabbia bagnata tra le dita dei piedi. A volte invece gli manca la sensazione delle gambe nell’acqua fresca e anche sentire l’erba morbida sotto i piedi.
“Sono cose molto semplici, ma quando non le percepisci da sette anni pensi solo che sarebbe fantastico poterle sentire di nuovo“.
Una rara lesione chiamata mielopatia del surfista ha paralizzato James Stanley dall’ombelico in giù all’età di 19 anni. Quando si spinse verso l’alto sulla sua tavola da surf, la sua colonna vertebrale andò in iper-estensione provocando un gonfiore e un blocco del midollo spinale all’altezza della vertebra T10.
La diagnosi non lasciava scampo: lesione completa del midollo spinale. Ogni connessione tra la parte inferiore del corpo e il suo cervello era stata definitivamente recisa.
“È stato molto traumatico, per me e per la mia famiglia … Il primo anno dopo l’incidente è stato un disastro. Stavo crescendo e imparavo a conoscere il mondo e improvvisamente ho dovuto riscoprirmi diverso, un’altra persona”
“Immagina che effetto possa avermi fatto sette anni fa sentirmi dire che non c’era alcuna speranza, non arrivava nessun segnale, che non c’era nulla che si potesse fare”.
Ma recentemente ha saputo che qualcosa c’era, un debole segnale: il suo midollo spinale era in grado di inviare messaggi dalla parte inferiore del corpo, quella paralizzata, al suo cervello.
Uno studio australiano, infatti, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica Human Brain Mapping, afferma che circa metà delle persone alle quali è stata diagnosticata una lesione spinale totale può avere ancora connessioni nervose sensoriali in grado di inviare messaggi al cervello.
Nello studio, condotto in cieco e controllato placebo, è stata effettuata la risonanza magnetica funzionale (fMRI) mentre i ricercatori sfioravano gli alluci ai pazienti, al fine di monitorare l’attività cerebrale; sono state coinvolte 23 persone con lesioni totale al midollo spinale, e 21 senza lesione, o sofferenti di dolore spinale.
I ricercatori hanno rilevato che le regioni somatosensoriali del cervello si “accendevano” nel 48% dei pazienti con lesioni del midollo spinale nel momento in cui le loro dita venivano stimolate.
La dottoressa Sylvia Gustin, del Neuroscience Research Australia e co-autore dello studio insieme al dott. Paul Wrigley ed al professor Philip Siddall dell’Università di Sydney, ha affermato:
“Inizialmente pensavamo che la comunicazione al cervello fosse stata completamente interrotta in questi pazienti – come tagliare un pezzo di carta, o come un cancello chiuso per sempre, ma non è così. Ci sono vie nervose che sono sopravvissute all’evento traumatico, e dei messaggi ancora vengono ricevuti dal cervello”, ha affermato.
James Stanley è tra quel 48% dei partecipanti allo studio nei quali la scansione di risonanza magnetica funzionale ha documentato l’accensione di aree cerebrali durante la stimolazione dell’alluce.
“Sapere queste novità è una sensazione incredibile. Se i medici possono identificare persone come me, allora, chi lo sa, si spera possano trovare trattamenti e tecniche di riabilitazione per aiutare ad aprire e sfruttare queste connessioni”.
La dottoressa Gustin ha detto che i pazienti non “sentono” il contatto con gli alluci, ma la risonanza magnetica funzionale ha mostrato “un segnale significativo” a livello di cortecce somatosensoriali primarie e secondarie (il talamo e il cervelletto).
“Si può effettivamente vedere un’attivazione cerebrale nell’area che rappresenta lo sfiorare la punta dell’alluce”, ha detto dott.ssa Gustin.
In passato, modelli animali e autopsie su uomini hanno dimostrato che il midollo spinale è raramente reciso in modo completo a seguito di un trauma contusivo. Ma questo studio è il primo a dimostrare che segnali provenienti dalla periferia possono ancora viaggiare attraverso il midollo spinale anche dopo una lesione totale dello stesso.
I risultati sono stati “incredibilmente entusiasmanti”, ha detto dottoressa Gustin, perché danno speranza ai pazienti che hanno avuto una lesione totale al midollo spinale.
“Per questi pazienti è incredibilmente importante sapere che ci può essere la possibilità di sentire di nuovo ciò che ora non sentono più”
Secondo l’Australian Institute of Health and Welfare’s Spinal Cord Injury Register, in Australia più di 1200 persone con più di 15 anni hanno subito una lesione traumatica del midollo spinale tra il 2008 e il 2013.
Ashley Craig, professore di studi di riabilitazione presso l’Università di Sydney, ha detto che lo studio ha confermato che l’attuale classificazione binaria delle lesioni del midollo spinale, completa o incompleta, era lacunosa.
Gli autori dello studio hanno suggerito di includere una nuova categoria per descrivere questi pazienti.
La dottoressa Gustin si augura che, a seguito di quanto scoperto in questo studio, tutti i pazienti con diagnosi di sospetta lesione del midollo spinale possano essere sottoposti a risonanza magnetica funzionale per verificare se arrivano ancora al cervello segnali dalle periferie.
Ha detto anche che sono necessarie ricerche più approfondite per identificare i pazienti che hanno ancora qualche connessione nervosa anche dopo la lesione spinale, e per identificare le migliori opzioni di trattamento.